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I nostri estratti di CBD e i nostri terpeni naturali

Gli effetti del CBD comportano numerosi benefici per la salute del
nostro organismo e rendono il cannabidiolo un principio attivo
importante.
La ricerca, in particolare, si è incentrata sullo studio dei meccanismi
di interazione tra i cannabinoidi - i principi attivi della pianta di
canapa - e il sistema endocannabinoide.
Dagli studi compiuti fino a questo momento è emerso come
il cannabidiolo (CBD), uno dei principali principi attivi della canapa,
agisca sul sistema endocannabinoide comportando svariati benefici
e producendo effetti positivi per il nostro organismo.
È per questo motivo che il cannabidiolo (CBD) viene sempre più
utilizzato dalle persone per la sua capacità di placare uno stato d’ansia
o di stress. D’altro lato emergono ogni giorno di più i potenziali
benefici della cannabis terapeutica utilizzata in ambito medico.
Sia il cannabidiolo (CBD) che il delta-9-tetraidrocannabinolo
(THC) - l’altro principio attivo principale della cannabis - vengono
utilizzati per lenire i sintomi di patologie come la sclerosi multipla o
l’epilessia. Il potenziale terapeutico è stato riaffermato nel 2013,
anno di pubblicazione di una revisione degli studi sulla cannabis in
ambito medico prodotti fino ad allora.
La revisione, pubblicato sul British Journal of Pharmacology e
curata dai ricercatori della School of Medical Sciences dell’Università
di Aberdeen, in Gran Bretagna, concludeva come la ricerca per
comprendere appieno i meccanismi d’azione dei principi attivi della
cannabis vada incentivata il più possibile. In questo contesto si
inserisce anche uno dei prodotti a base di cannabidiolo (CBD) estratto
dalla pianta di canapa: l’olio di CBD, utilizzato per una enorme varietà
di scopi.

Estratto di CBD Full Spectrum

Il nuovo estratto di CBD in olio di cocco che deriva dall’estrazione
delle sole nostre infiorescenze, coltivate secondo il metodo biologico e
vegano, con l’utilizzo di olio vergine di cocco come base con
concentrazioni al 10, 15 e 20%.
Questo prodotto lavora per incoraggiare, sostenere e nutrire
l’equilibrio necessario ad un perfetto benessere, formulato con
precisione e accuratezza nel nostro laboratorio specializzato,
garantendo la tutela al consumatore.
L’olio Med Bud è ottenuto dalla lavorazione delle sole infiorescenze,
garantendo quindi alti livelli di CBD e terpeni.
Quest’anno abbiamo studiato 7 formulazioni differenti, 7 profili
terpenici, per sfruttare al massimo le sinergie di queste sostanze
naturali per soddisfare le specifiche esigenze dei nostri clienti.

Perché usiamo i Terpeni?

I terpeni rappresentano un gruppo di molecole aromatiche presenti
in diverse piante, alimenti ed oli essenziali. Il loro ruolo primario è
proteggere le piante da batteri, funghi e parassiti.
Pepe nero, lavanda, menta, mango e citronella contengono terpeni!
Potete trovare i terpeni anche all'interno di detergenti, profumi ed oli
essenziali. Ovviamente, noi ci concentreremo sui terpeni prodotti dalla
canapa, poiché questa pianta è una fonte essenziale di estratti di CBD a
spettro completo. A quanto pare, la canapa contiene oltre 200 tipi
diversi di terpeni, ciascuno con una determinata struttura
molecolare, in grado di generare aromi ed effetti unici.
Nella canapa, i terpeni sono racchiusi all'interno dei tricomi, piccole
ghiandole a forma di fungo situate sulla superficie di foglie e fiori.
Gli scienziati hanno scoperto che i terpeni influiscono sull'organismo
umano in decine di modi differenti, agendo su membrane cellulari,
canali ionici, recettori ed enzimi. Tuttavia, considerando l'elevato
numero di terpeni esistenti e la complessità del corpo umano, non c'è
da meravigliarsi che i ricercatori stiano ancora cercando di
individuare l'esatto meccanismo d'azione di ciascuna molecola.
Fortunatamente, un dettagliato articolo presentato dalla British
Pharmacological Society ha cercato di fare chiarezza sulla situazione,
ed ha scoperto che i terpeni esibiscono “effetti terapeutici unici, in
grado di contribuire considerevolmente all'effetto entourage offerto
dagli estratti terapeutici a base di cannabis”. I ricercatori hanno inoltre
aggiunto che l'interazione tra cannabinoidi e terpeni potrebbe dar
luogo ad una “sinergia” potenzialmente utile per il trattamento di
varie condizioni di salute.
Sebbene queste interazioni non siano ancora del tutto chiare, è ormai
evidente che i terpeni sono molecole versatili, in grado di influenzare:

  •  Umore
  •  Funzioni immunitarie
  •  Sonno
  •  Appetito
Come gli scienziati hanno sottolineato, i terpeni sono importanti per la
creazione degli aromi e per i potenziali effetti biologici, ma anche
perché potrebbero operare in sinergia con cannabinoidi come CBD,
CBN e CBG. Alcune prove indicano che l'azione combinata di
cannabinodi e terpeni genera effetti biologici amplificati.
Questo fenomeno, definito effetto entourage, rende le molecole della
canapa uniche nel loro genere. Tuttavia, secondo alcuni studi, anche i
terpeni in forma isolata potrebbero influire sulle funzioni fisiologiche.

Perché l’olio di cocco?

L'olio di cocco ha proprietà antimicrobiche e antimicotiche grazie al
suo contenuto di MCT, in particolare l'acido laurico. Questo acido
aiuta anche a mantenere un importante equilibrio ormonale. Gli MCT
possono aumentare le concentrazioni di chetoni nel sangue, il che può
aiutare a ridurre la frequenza delle crisi convulsive e ridurre i sintomi
del morbo di Alzheimer.
L'olio di cocco è una buona fonte di antiossidanti, che forniscono
effetti antinfiammatori, antidiabetici e di protezione del cervello.
Ha proprietà antiossidanti e riduce lo stress risultando utile anche nel
trattamento di alcuni tipi di depressione, aumenta il colesterolo sano
(noto come HDL) nell'organismo, promuovendo la salute del cuore e
riducendo il rischio di malattie cardiache. Gli alti livelli di antiossidanti
presenti nell'olio di cocco vergine riducono l'infiammazione e la
guarigione dell'artrite, agendo sia come analgesico che come
antinfiammatorio.
Uno degli incredibili benefici di questo olio è che aumenta
l'assorbimento di vitamine E

Come l’estratto di CBD interagisce con il nostro organismo

Il cannabidiolo non ha un’azione specifica nei confronti di una
particolare patologia o zona dell’organismo. Il CBD agisce da
“modulatore” del nostro sistema endocannabinoide.
Il CBD, e in generale i cannabinoidi, agiscono indirettamente
sui recettori di questo sistema.
Di conseguenza si può affermare che il CBD moduli meccanismi già
esistenti e ripristina la normalità in una situazione di squilibrio o di
scompenso nel sistema endocannabinoide.
Grazie a ciò, il cannabidiolo (CBD) può portare beneficio, alleviando i
sintomi di una patologia o di un’infiammazione. Per questi motivi
l’olio di CBD viene assunto sia via orale che tramite applicazione
cutanea, adattandosi alle necessità del momento. I campi
d’applicazione sono numerosi e altrettanti sono i benefici al vaglio dei
ricercatori.

Il cannabidiolo e le sue proprietà antidolorifiche

Gli esseri umani sono dotati di una “rete” composta da milioni di
recettori capaci di interagire con i cannabinoidi: sostanze che possono
essere prodotte all’interno dell’organismo (e che in questo caso si
chiamano endocannabinoidi) o che possono provenire dall’esterno (e
che in questo caso si chiamano fitocannabinoidi). Questa rete di
recettori è conosciuta con il nome di “sistema endocannabinoide”.
Il cannabidiolo é un fitocannabinoide che agisce indirettamente
sui recettori di questo sistema. Il CBD esercita la propria azione
tramite molti meccanismi diversi: non agisce su una
particolare patologia ma interviene a seguito di uno squilibrio del
nostro sistema endocannabinoide provocato da uno stimolo, come nel
caso del dolore.
Alcuni studi hanno evidenziato come il cannabidiolo sia in grado di
influire sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide
chiamato anandamide, una delle molecole neuro-modulatrici associate
anche alla percezione del dolore.
Altri studi riportano che il CBD è in grado di attivare recettori
coinvolti con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Il
cannabidiolo è risultato infine essere promettente per il trattamento
di due particolari tipi di dolore cronico, quello neuropatico e quello
dovuto a un’infiammazione.

 Allevia il dolore
Il CBD grazie alle sue proprietà analgesiche naturali sarebbe in
grado di contrastare il dolore.
I cannabinoidi agiscono inibendo la trasmissione neuronale nei
percorsi del dolore. Uno studio del 2012 pubblicato sul Journal of
Experimental Medicine ha rilevato che il cannabidiolo ha contrastato in
maniera significativa il dolore infiammatorio e neuropatico cronico
nei topi senza l’utilizzo di analgesici.
Potrebbe inoltre essere un efficace rimedio per alleviare in maniera
naturale i sintomi dell’emicrania.

 Dolore neuropatico
Per dolore neuropatico si indica il dolore provocato da quelle
condizioni (malattie o disfunzioni) che colpiscono il sistema nervoso
centrale.
Il dolore neuropatico si genera all’interno del sistema nervoso. Si
tratta di un dolore ben diverso da quello nocicettivo - provocato da
una lesione, un’ustione o un taglio, ad esempio - il cui stimolo si
origina nella zona del trauma e “viaggia” fino al sistema nervoso.
Il meccanismo d’azione dei cannabinoidi è stato studiato nel contesto
di varie patologie e condizioni che portano a una condizione di dolore
cronico di natura neuropatica, come nel caso della nevralgia
trigeminale o dei cicli di chemioterapia. Gli studi fin ora
condotti hanno dimostrato l’ottima efficacia del
cannabidiolo nell’intervenire sul dolore neuropatico.
Mentre altri principi attivi della cannabis vengono già impiegati in
ambito oncologico per la loro efficacia nell’attenuare la nausea, il
cannabidiolo, nello specifico, si è rivelato promettente nei confronti
del dolore neuropatico periferico provocato dai farmaci
chemioterapici.
Il CBD, inoltre, riduce quelle complicazioni spesso associate al dolore
cronico come ansia e depressione. Secondo alcuni studi il CBD,
attraverso la sua interazione con i recettori del sistema
serotoninergico, riduce queste comorbidità e aiuta il paziente ad
affrontare la sua condizione.

 Dolore infiammatorio
Si tratta del dolore provocato da un’infiammazione, una reazione
difensiva del nostro organismo in risposta a stimoli nocivi.
Alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia del CBD nell’intervenire
sull’infiammazione provocata dall’artrite, contribuendo così a ridurre
il dolore.
Il cannabidiolo viene impiegato anche per il trattamento del dolore
provocato da un’infiammazione. Vari studi scientifici hanno indagato
l’efficacia del cannabidiolo su molte condizioni infiammatorie, come
nel caso dell’artrosi. È dimostrato che l’assunzione di CBD protegge le
articolazioni contro danni gravi e riduce l’infiammazione.

Il CBD potrebbe essere una valida opzione per il trattamento di
diverse situazioni contraddistinte da dolore infiammatorio.
Uno studio pubblicato sulle pagine dello European Journal of Pain ha
dimostrato che il CBD applicato sulla pelle può aiutare a ridurre il
dolore e l'infiammazione dovuta all'artrite.
La ricerca scientifica sul rapporto CBD e dolore ha fatto passi da
gigante negli ultimi anni; così come vengono sempre più studiati i
molteplici impieghi che si possono fare della pianta di cannabis
nell’ambito della salute umana e animale.
C’è ancora molta strada da percorrere ma, ad oggi, il cannabidiolo può
considerarsi a tutti gli effetti un valido alleato per alleviare la
sofferenza provocata da una condizione di dolore cronico. Sempre più
medici, infatti, ne suggeriscono l’utilizzo in parallelo con altre terapie
per accompagnare la quotidianità di tutte quelle persone che si
trovano costrette a convivere con il dolore.

CBD: effetti antinfiammatori
Il CBD è un agente terapeutico per una varietà di disturbi
infiammatori e quindi tutti i disturbi autoimmuni.
Il motivo risiede nella capacità del CBD di stimolare i recettori del
sistema endocannabinoide CB2, individuati come target dell’azione
antinfiammatoria attribuita al CBD.
Oltre a migliorare notevolmente la qualità del sonno e a ridurre uno
stato d’ansia, il cannabidiolo può fornire sollievo dal dolore alle
articolazioni in caso di artrosi.
È dimostrato che l’assunzione di CBD protegge le articolazioni contro
danni gravi e riduce l’infiammazione in sole 5 settimane. La sua azione
contro le infiammazioni croniche è considerata per il trattamento di
malattie quali la sclerosi multipla, l’epilessia e la sindrome di Dravet.

Uno Studio datato 2013 e pubblicato dal British Journal of Clinical
Pharmacology riporta che il CBD protegge dai danni vascolari causati
da un elevato livello di glucosio, infiammazioni o da diabete di tipo 2.

CBD, effetti sulla schizofrenia
Alcune ricerche scientifiche hanno dimostrato che il CBD produce
effetti antipsicotici e potrebbe avere un profilo d’azione simile a quello
di altri farmaci antipsicotici.
Un team di scienziati composto da Renard, Loureiro, Rosen, Zunder, de
Oliveira, Schmid, Rushlow e Laviolette SR, hanno redatto uno studio
pubblicato il 4 maggio 2016 in cui hanno evidenziato come
il CBD potrebbe diventare un elemento determinante per la
schizofrenia, nonostante non si conosca ancora fino in fondo il
meccanismo con cui il CBD produca alcuni degli effetti antipsicotici
sopra accennati.

Il Cbd: effetti sull’ansia
Il Cannabidiolo si dimostra in grado di ridurre l’ansia nelle persone
particolarmente stressate.
Nel 2015 è stata pubblicata sulla rivista Neuroterapeuthics la
revisione degli studi condotti fino a quel momento volti a verificare i
potenziali effetti del CBD nel trattare uno stato d’ansia.
I risultati sono molto incoraggianti. La revisione ha preso in esame 49
studi preclinici, clinici ed epidemiologici; e ha incluso anche le ricerche
fatte con tecniche di neuroimmagine (le tecnologie che permettono di
studiare il metabolismo cerebrale).

Dalla revisione, curata da Esther M. Blessing, Maria M. Steenkamp,
Jorge Manzanares e Charles R. Marmar della New York School of
Medicine, è emerso che gli studi preclinici hanno dimostrato l’efficacia
del CBD nel ridurre l’ansia provocata da molti disturbi come, ad
esempio, il disturbo da stress post-traumatico, quello d’ansia
generalizzata, quello ossessivo-compulsivo e molti altri.

Effetti del cbd sui sintomi dell’epilessia

Il CBD può essere efficace nel trattamento dell’epilessia come
dimostrato da diversi studi scientifici.
Attualmente la comunità scientifica supporta l'uso del cannabidiolo
(CBD) come terapia aggiuntiva a quella standard in bambini e giovani
con forme rare di epilessia, come la sindrome di Lennox-Gastaut e la
sindrome di Dravet, che classicamente non rispondono ai trattamenti.


CBD e malattie neurodegenerative, gli effetti del cannabidiolo
Per il momento il processo di neurodegenerazione non è ancora stato
del tutto compreso e le malattie che lo provocano non hanno, di fatto,
una cura efficace al 100%.
Dall'altra parte, possiamo affermare che il cannabidiolo (CBD) è
sempre più impiegato dalle persone che convivono con una condizione
di salute del genere.
Diversi studi hanno dimostrato che il CBD è in grado di inibire la
formazione delle classiche “placche” tipiche della malattia di
Alzheimer e riduce la morte delle cellule cerebrali.
Nel caso, ad esempio, del morbo di Parkinson, è stato dimostrato che il
cannabidiolo contribuisce a ridurre i disturbi sia motori che non
motori.

Migliora il sonno
Il Cannabidiolo grazie al suo potenziale neuro-protettivo, basato sulla
combinazione delle sue proprietà anti-infiammatorie e anti-
ossidanti potrebbe rivelarsi utile nel contrastare l’insonnia.
Lo studio pubblicato nel 2017 “Cannabis, Cannabinoids, and Sleep:
a Review of the Literature”, afferma che “ricerche preliminari su
cannabis e insonnia suggeriscono che il cannabidiolo (CBD) potrebbe
avere un potenziale terapeutico per il trattamento dell'insonnia.
Il tetraidrocannabinolo Delta-9 (THC) può ridurre la latenza del
sonno ma può compromettere la qualità del sonno a lungo termine”.
La latenza del sonno viene ‘misurata’ attraverso di un test, che
avviene un’ora e mezzo, tre ore dopo il sonno notturno, in cui si invita
il paziente, che si trova in una stanza silenziosa, oscurata e a
temperatura costante, ad addormentarsi quattro - cinque volte ad
intervalli di due ore.
Il test si conclude 15 minuti dopo che il paziente si è addormentato
oppure dopo aver tentato per 20 minuti di addormentarsi senza
riuscirci. Una latenza dell’addormentamento, più volte riprodotta, al di
sotto dei 5 minuti è patologica, fra i 5 e 10 minuti rientra nei valori
limite.
“Il CBD - scrivono i ricercatori - può essere efficace per il disturbo del
comportamento del sonno REM e l'eccessiva sonnolenza diurna”.
I ricercatori sottolineano come la ricerca sulla cannabis e sul sonno è
agli inizi e ulteriori ricerche sono fondamentali per migliorare la
comprensione della ricerca e le implicazioni cliniche.
Dalla ricerca condotta presso la National Taiwan University di
Taipei emergono evidenze di come il CBD possa influenzare
direttamente il ciclo notturno, impedendo la soppressione del
sonno REM, in questo caso in pazienti con disturbo da stress post
traumatico.

“I pazienti con disturbo da stress post-traumatico spesso lamentano
disturbi del sonno, come l'insonnia e l'anomalia del sonno dei
movimenti oculari rapidi (REM)” e il CBD può “bloccare l'alterazione
del sonno REM indotta dall'ansia attraverso il suo effetto ansiolitico,
piuttosto che attraverso la regolazione del sonno di per sé”.
Lo studio condotto dalla Cannabinoid Research Institute nel 2016
ha preso in esami gli effetti del CBD sulla qualità del sonno di una
ragazza adolescente che soffriva di sindrome post-traumatica da stress.
L’indagine ha evidenziato come la ragazza dormisse meglio grazie
all’assunzione di CBD per via sublinguale.

Aiuta contro l’acne e la psoriasi
Molti studi hanno dimostrato che il cannabidiolo abbia una grande
efficacia e benefici per la nostra pelle, un elemento che ha fatto sì
che venisse sempre più utilizzato in ambito cosmetico.
Le evidenze scientifiche sui benefici della cannabis per la pelle si
fanno sempre più forti. Allo stesso modo crescono le domande su
come assumere i principi attivi della cannabis – in particolare il CBD –
con lo scopo di innescare la loro azione sulla pelle.
È bene chiarire che il cannabidiolo assunto per vie aeree (vaporizzato
o fumato) non esercita alcuna funzione sul derma. Per riscontrare gli
effetti è necessario applicare il CBD direttamente sulla zona della cute
interessata. È questo il motivo che ha spinto una moltitudine di
persone in tutto il mondo a produrre e utilizzare una grande varietà di
prodotti a uso topico che contengono cannabidiolo.
Nel caso di psoriasi, l’infiammazione della pelle scatena una reazione
che porta a una maturazione prematura delle cellule, che sfocia poi
nelle lesioni caratteristiche della malattia. La cannabis, grazie alla sua
azione antinfiammatoria, entra in gioco proprio nella regolazione di
questa risposta del nostro organismo.
Il cannabidiolo (CBD) in particolare agisce sul recettore CB2
del sistema endocannabinoide e contribuisce all’inibizione della
proliferazione cellulare e alla riduzione della produzione in eccesso di
citochine. Inoltre, negli ultimi anni non sono mancate le evidenze
scientifiche in merito alla capacità del CBD di contribuire alla
riduzione della produzione di sebo (il graddo cutaneo), rendendo così
il cannabidiolo interessante anche per un utilizzo di prevenzione verso
disturbi come l’acne giovanile. Da non trascurare, per le numerose
persone affette da psoriasi, anche il ruolo della cannabis nel mitigare
una condizione di dolore cronico dovuto alle lesioni sulla pelle.

Promuove la salute cardiovascolare
Uno Studio datato 2013 e pubblicata dal British Journal of Clinical
Pharmacology riporta che il CBD protegge dai danni vascolari causati
da un elevato livello di glucosio, da infiammazioni o da diabete di tipo 2.
Gli studi condotti sugli esseri umani e volti ad accertare gli eventuali
benefici del cannabidiolo (CBD) sulla pressione sanguigna sono ancora
pochi e relativamente recenti.
Nel 2017 un’indagine condotta dai ricercatori del dipartimento di
medicina dell’Università di Nottingham e dell’NIHR Oxford Biomedical
Research Centre ha portato i primi, incoraggianti risultati.
Lo studio ha coinvolto nove partecipanti di sesso maschile (in buone
condizioni di salute) a cui sono state somministrati 600 mg di
cannabidiolo (CBD) o, in alternativa, un placebo. I parametri
cardiovascolari dei volontari sono stati monitorati e analizzati ed è
emerso che il cannabidolo (CBD) ha ridotto la pressione sanguigna
sistolica (la massima) e il volume sistolico - la quantità di sangue
pompata da un ventricolo - in condizioni normali.
Allo stesso modo, il cannabidiolo (CBD) ha ridotto la pressione
sanguigna anche quando i soggetti erano sottoposti a uno stress.

Gli effetti miorilassanti del CBD per il trattamento della sclerosi multipla

Molteplici studi hanno dimostrato come la combinazione CBD - THC, è
efficace e ben tollerata nel trattamento della contrazione muscolare,
del dolore, dei disturbi del sonno e dell’incontinenza urinaria nelle
persone con sclerosi multipla.
Uno studio condotto dall’Università di Catania ha preso in esame 1500
pazienti provenienti da diversi centri specializzati nel trattamento
della Sclerosi Multipla, a cui è stata somministrata Cannabis sotto
forma di spray.
Dopo il primo mese, il 61,9% dei pazienti ha mostrato un
miglioramento della spasticità tale da spingere il paziente a
continuare con il trattamento. Dopo 6 mesi, un miglioramento
clinicamente significativo maggiore o uguale al 30% è stato registrato
nel 40,2% dei pazienti.
Sintomi associati alla spasticità come crampi e spasmi notturni sono
migliorati nella maggior parte dei pazienti.
L’efficacia della cannabis terapeutica nella riduzione della spasticità è
sostenuta da uno studio multicentrico pubblicato su Lancet
Neurology da un gruppo di ricercatori italiani, realizzata grazie al
sostegno della Fondazione Italiana di Ricerca per la sclerosi laterale
amiotrofica.
I ricercatori hanno reclutato 59 pazienti sopra i 18 anni affetti da
sclerosi laterale amiotrofica con evidenti sintomi di spasticità.
Lo studio è stato condotto in ‘doppio cieco’, medici e pazienti non
sapevano chi era in trattamento e chi in placebo.
Per sei settimane ai pazienti sono stati somministrati cannabinoidi,
THC e CBD, negli stessi quantitativi, sotto forma di spray. Ogni
paziente poteva accedere liberamente a massimo 12 spruzzi
giornalieri.
Al termine dei sei mesi, i pazienti che hanno assunto il farmaco
cannabinoide hanno mostrato un significativo miglioramento dei
sintomi legati alla spasticità rispetto ai pazienti trattati con placebo.

Che cos’è il diabete?
Il diabete è una malattia cronica. Essa è “caratterizzata dalla presenza
di elevati livelli di glucosio nel sangue”, causati da “un’alterata quantità
o funzione dell’insulina”, l’ormone che permette al glucosio di entrare
nelle cellule. Col diabete, questo meccanismo non funziona come
dovrebbe e il glucosio si accumula nel sangue. Sono due le
manifestazioni principali di questa malattia:
 Diabete di tipo I: il pancreas non produce insulina a causa della
distruzione delle cellule che la producono. Diventa quindi
necessario iniettarla ogni giorno, per tutta la vita.
 Diabete di tipo II: il pancreas produce insulina, ma le cellule
dell’organismo non riescono a utilizzarla. Il rischio di sviluppare
questa malattia può essere legato alla presenza di obesità e alla
mancanza di esercizio fisico.

La cannabis per prevenire il diabete
Diversi studi hanno cercato di capire se esiste una relazione tra l’uso
di cannabis e lo sviluppo del diabete. Già nel 2006, una ricerca
pubblicata sul Journal of Autoimmunity mostrava le potenzialità del
CBD, uno dei composti della cannabis, nel ridurre l’incidenza del
diabete di tipo I nei topi. Infatti, oltre l’80% dei roditori non trattati
aveva sviluppato la malattia, contro il 30% di quelli sui quali era stato
utilizzato il CBD.
Successivamente, nel 2012, un gruppo di studiosi aveva notato che
somministrando estratti di cannabis medica a ratti obesi si verificava
una riduzione del peso pancreatico, con la conseguenza di una
protezione sulle cellule che producono insulina. Nel 2013, The
American Journal of Medicine pubblicò una ricerca che indagava
sull’impatto della marijuana su glucosio e insulina. Va tenuto presente
che alti livelli di insulina a digiuno sono considerati una prova
dell’incapacità del corpo di rispondere adeguatamente all’insulina e
quindi fattore di rischio per il pre-diabete. Ma, tra i partecipanti allo
studio, gli utilizzatori di cannabis sono risultati quelli con livelli di
insulina e glucosio circolante più bassi: rispetto ai non utilizzatori di
marijuana, infatti, c’era uno scarto del 16%. “Nel presente studio-
hanno concluso i ricercatori- dimostriamo un’associazione significativa
tra l’attuale uso di marijuana e livelli più bassi di insulina a digiuno e
insulino-resistenza”.
Più recentemente, nel 2015, i ricercatori della Michigan State
University hanno analizzato otto diversi studi, arrivando alla
conclusione che il rischio di contrarre il diabete diminuisce nei
consumatori di cannabis del 30%, rispetto a chi non fa uso della
sostanza. Altre ricerche hanno evidenziato che la diffusione
dell’obesità, spesso causa del diabete, è inferiore tra le persone che
usano cannabis rispetto agli altri. Infine, uno studio risalente al 2009
aveva indicato il cannabinoide tetraidrocannabivarina (THCV) come
attivatore dei recettori CB2 (meno funzionanti nella popolazione
obesa), per annullare gli effetti infiammatori correlati all’obesità e
proteggendo l’organismo dall’insorgenza del diabete.
L’uso della cannabis contro il diabete
I ricercatori hanno condotto diversi studi anche per indagare
le potenzialità della cannabis dopo l’insorgenza della
malattia. Uno studio effettuato nel 2008 su topi affetti da diabete di
tipo I ha mostrato le potenzialità di un trattamento a base di CBD nel
miglioramento delle manifestazioni della malattia. Questo avviene
grazie alla diminuzione dei mediatori infiammatori nelle isole
pancreatiche, evitandone la distruzione. I dati mostrano una netta
differenza tra chi fa uso della sostanza e chi non la utilizza: il diabete,
infatti, è stato diagnosticato nel 32% dei topi trattati con CBD, rispetto
all’80-100% dei gruppi non trattati. “I nostri dati- conclusero i
ricercatori- rafforzano la nostra precedente ipotesi secondo cui il CBD,
noto per essere sicuro nell’uomo, può eventualmente essere utilizzato
come agente terapeutico per il trattamento del diabete di tipo 1”.
Uno studio successivo ha invece analizzato l’effetto del THCV, uno dei
cannabinoidi minori, sui topi obesi. I ricercatori hanno mostrato gli
effetti benefici di questa sostanza, relativamente al diabete: tra questi,
la riduzione dell’intolleranza al glucosio, l’aumento della spesa
energetica, un miglioramento dei livelli di insulina. “Basandoci su
questi dati- hanno spiegato gli autori dello studio- possiamo suggerire
che il THCV possa essere un utile trattamento per la sindrome
metabolica ed il diabete di tipo 2, sia come trattamento unico, che in
congiunzione con terapie pre-esistenti”. Evidenze hanno dimostrato che
anche il THCA potrebbe essere utile per migliorare le condizioni dei
pazienti con diabete.

FONTI:
 Enecta – CBD ed estratti di Cannabis www.enecta.it consultato il 28/08/2022
 Clinn – esperti di Cannabis terapeutica, www.clinn.it consultato il 28/08/2022


Sono stati riportati estratti dalla letteratura scientifica pubblicata. Per problemi di salute si rivolga sempre al Suo medico di fiducia.

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